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Catania Book Festival, i libri contro ogni crisi: «A Catania si può fare»

Eventi E' stato un gran successo la terza edizione del Catania Book Festival che da venerdì 6 a domenica 8 maggio ha fatto registrare oltre 9 mila presenze. Il direttore del festival Simone Dei Pieri: «Ci hanno pure paragonato al Giffoni per le'energia giovane che ci sta dietro. Catania non è senza speranza. Abbiamo toccato con mano che si è tanta voglia di incontrarsi e parlare di libri»

Al Catania Book Festival oltre 9 mila presenze in tre giorni di eventi fitti e partecipati, sala per sala, con la sorpresa di due fasce generazionali, i liceali e gli over 40, che hanno popolato il festival. Visitatori sono arrivati anche in pullman dalla Sicilia occidentale e dalla Calabria. La terza edizione della kermesse catanese dedicata alla lettura e all’editoria ha superato di gran lunga le aspettative degli organizzatori. Secondo il direttore Simone Dei Pieri, il merito è da attribuire ad un cartellone che ha messo d’accordo i gusti di lettrici e lettori molto diversi tra loro.

Catania Book Festival

«A Catania si può fare, e anche con la cultura, è questo l’insegnamento immediato che ne abbiamo tratto – commenta Dei Pieri -. Siamo davvero felici per la risposta così calda, e per alcuni versi inaspettata al nostro evento. Sentirsi paragonare al Giffoni Festival da un artista di grande esperienza come Paolo Calabresi, ci ha commossi. Siamo nati sotto pandemia e il nostro staff under 30 ha messo in campo il massimo delle proprie energie, pur comprendendo che la strada da percorrere sia ancora lunga. Ma siamo lusingati per la risposta dei visitatori. A dispetto di chi crede che questa città sia “difficile e senza speranza”, a dispetto della pandemia, della crisi e del clima negativo che ci avvolge, abbiamo toccato con mano che si è tanta voglia di incontrarsi e parlare di libri. E questa conta moltissimo».

Lo staff del Catania Book Festival

La terza edizione di Catania Book Festival, fiera internazionale del libro e della cultura che si è tenuta dal 6 all’8 maggio al complesso fieristico Le Ciminiere di Viale Africa, ha accolto firme della cultura. Particolarmente seguiti gli incontri con la cantautrice e scrittrice Francesca Michielin, o autori come Carlo Bonini, Peter Gomez, Caterina Bonvicini, Jonathan Bazzi, Paolo Calabresi, Lisa Ginzburg, Veronica Pivetti, Gianluca Gotto, Francesco Oggiano, Elvira Seminara, ma anche filosofi e social influencer molto amati dal pubblico, come Mara Gancitano e Andrea Colamedici, Matteo Saudino e Isabella Premutico.

Apprezzatissima la fiera con stand di editori indipendenti e la presentazione del nuovo report di Amnesty International. Quest’anno il concept del Catania Book Festival è stato affidato a Mercurio, il mitologico dio messaggero, protettore dell’eloquenza.

Catania Book Festival, la meglio gioventù della lettura: «Siamo messaggeri di cultura»

La giornata di domenica 8 maggio

In anteprima nazionale, nel corso della terza e ultima serata del Catania Book Festival, è stato presentato “Tequila Bang Bang” (Mondadori) il nuovo libro di Veronica Pivetti. L’attrice, doppiatrice e conduttrice televisiva e radiofonica, è stata affiancata dalla libraia Maria Carmela Sciacca e ha puntato sull’ironia e sulla risata pur accostandosi al canone del giallo. «Ho deciso di passare al narcotraffico. Non ho mai fatto una canna in vita mia, ma adesso mi sono fatta  una gran cultura». Scherza simpaticamente con il pubblico Veronica Pivetti quando parla del suo giallo tecnicamente ineccepibile montato su luoghi molto diversi tra loro come Marsiglia, il Messico e l’Italia, ma anche uno scritto divertente con protagoniste tre donne, un ex marito, i narcos messicani, i tacchi 12. E come in tutti i gialli non può mancare un cadavere, in questo caso senza testa. «Desideravo scrivere qualcosa di diverso. Questo libro mi ha preso la mano, ha fatto tutto lui, in ritardo. I personaggi venivamo veramente da soli e la storia man mano si complicava. C’è voluto ovviamente il suo tempo».

Veronica Pivetti al Catania Book Festival

Se poi ci si chiede come mai Pivetti punti sull’ironia e sulla risata pur accostandosi al sacro canone del giallo, lei risponde che «il comico è la costante di quello che io faccio. Vivo nelle commedie e quindi la chiave comica è quello che uso per dire cose, anche spiacevoli. Di tutto parlo in maniera comica. Si può volgere tutto in commedia». L’autrice ama il cinema e ne prende ispirazione; i suoi modelli sono Tarantino, Scorsese, Almodovar. Ma, sostiene, in “Tequila Bang Bang “ c’è dentro moltissimo anche della commedia italiana. «Tutti vogliono scrivere un libro da capolavoro. Io no. Io voglio scrivere un libro da ombrellone. – confessa al pubblico siciliano- Lo scopo è quello di intrattenere. Il mio scopo è il grande numero per parlare a più gente possibile.. La comunicazione è quello che a me piace. E da quando ho cominciato a scrivere ho scoperto un nuovo modo di comunicare».

Grande accoglienza anche per lo scrittore  Jonathan Bazzi autore di “Corpi minori” (Mondadori), presentato da Emanuele Liotta. Il giovane autore sottolinea che «la fase del protagonista è quella che va dai 22 ai 30 anni in cui si vuole diventare indipendenti e capire cosa si vuole fare nel mondo. È una fase della vita segnata dal desiderio di essere e diventare. Non è detto che i comportamenti e le azioni siano corrette ed esemplari. Mi interessava però confrontarmi con il tema del desiderio anche nei suoi aspetti ambivalenti e oscuri. Quando desideriamo qualcosa/qualcuno gli orbitiamo attorno. Mi sono accorto anche che dove c’è gerarchia ci sono anche delle cose controverse, come la manipolazione, l’abuso di potere, l’inganno e autoinganno».

Fingersi qualcun altro per sopravvivere alle prove della vita e raccontarlo con ironia è invece la chiave del successo del libro di Paolo Calabresi, attore amatissimo dal pubblico che in queste settimane è in tour con il suo “Tutti gli uomini che non sono” (Salani). La conversazione con  Calabresi è stato accompagnata dal capo della redazione catanese della Tgr Sicilia, Giuseppe Ardica. L’autore ha puntato sulle capacità che gli esseri umani riscoprono quando credono di non aver più nulla da perdere. «È il racconto di un’autoterapia. Scrivendo, ho capito realmente cosa mi era successo anni prima. La spina dorsale di questo libro è una serie di fatti della mia vita,  realmente accaduti. Intorno a questo ho costruito una cornice romanzata. In dono il pubblico vuole immergersi in una specie di sogno».

Tra i protagonisti della giornata ci sono stati anche il giornalista Carlo Bonini che accompagnato da Luisa Santangelo, ha presentato il suo  “L’Isola assassina: la sfida di Daphne al cuore corrotto dell’Europa” (Feltrinelli). Si tratta di un’inchiesta sulle tracce di Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese uccisa il 16 ottobre 2017. Un viaggio attraverso Malta, a caccia dei pirati dell’economia europea che tutti fingono di non vedere. «Questo libro è figlio di quell’impulso, di quella sfida. Raccontare di Daphne era il modo migliore per affermare un principio che chi ha ucciso Daphne voleva mettere in discussione che il giornalismo libero potesse essere messo a tacere facilmente – ha detto Bonini -. Il libro prova a raccontare il sistema Malta, che poi era oggetto di ricerca e di denuncia di Daphne. È un tema che continua ad essere ancora di attualità. La vicenda penale si è conclusa sotto il profilo dell’accertamento delle responsabilità, ma molto presto si aprirà il processo per il mandante dell’omicidio».

La scrittrice Lisa Ginzburg accompagnata da Lorena Spampinato ha presentato il suo “Jeanne Moreau” (Giulio Perrone editore), saggio-racconto dedicato alla celebre attrice francese che l’autrice descrive come «un’essere irrispettosa di qualsiasi codice, ma allo stesso molto esatta. Penso sia stata per me una maestra di vita, proprio per questa sua precisione. Aveva una sua visione della vita e questo  si riverberava nella sua professionalità: un modo integro di essere che mi ha tanto attratta».

Il calendario del Catania Bokk Festival ha previsto moltissimi eventi, tra i quali la presentazione del saggio “Cesare non deve morire” del docente catanese Orazio Licandro, bellissime letture di narrativa e saggistica, incontri culturali all’insegna dei data, su temi legati a editoria, cinema, social e femminismi e l’incontro con la Sottosegretaria di Stato all’Istruzione, Barbara Floridia.

La giornata di sabato 7 maggio

«Ad un certo punto sentivo che sarebbe arrivato questo momento. Era il sogno di quando ero più piccola: scrivere questo romanzo…”. Vibrante, sincera, semplice e ancora una volta capace di trasmettere emozioni grazie alle parole, ha saputo ancora una volta trascinare con sé il pubblico Roberta Michielin, cantante e polistrumentista che stasera ha presentato ai lettori  siciliani il suo primo romanzo, “Il cuore è un organo” (Mondadori) chiacchierando con la platea del Catania Book Festival.
Ad intervistarla, il direttore Simone dei Pieri. «Questo non è un romanzo autobiografico, ma ho messo un sacco di esperienze come persona che vive e osserva la musica da una prospettiva differente – ha detto Michielin -. Ho messo attenzione su tante dinamiche di giovani donne che si occupano di musica». E alla domanda di Di Pieri se esiste il rischio di diventare autoreferenziali raccontandosi da una prospettiva privilegiata, lei risponde: «Sto rifuggendo tutto ciò che è autoreferenziale. Sono portata a parlare un po’ di me, ma già da tempo sto cercando di mettermi nelle prospettive di altre persone. Sentivo l’esigenza di raccontare una storia. Viviamo in una società in cui ogni giorno ci viene raccontato tutto degli altri».

Simone De Pieri e Francesca Michielin, foto Antonio Arcoria e Alessia Tabita

L’artista definisce il pop «Una sorta di grande spazio dove ognuno può essere se stesso. È interessante pensare che tante cose legate al pop sono in realtà concetti dispregiativi; viene collocato in una sfera di “non abbastanza”, ed è quello che vive la protagonista. Ho scelto il 2005 come periodo storico, anno in cui le artiste dovevano essere “quella cosa lì”. Non potevano scappare da quell’etichetta. Quella ragazza vive questo contrasto. E questo dolore che vive come esperienza positiva per crescere, accettare il dolore come strumento di crescita. Accettare la propria fragilità, accettare il fatto che siamo complessi. Questo è sicuramente il tema del libro. Essere pop è anche essere molto complessi»

Il giornalista e direttore de “Il Fatto quotidiano”, Peter Gomez, autore di “Mani pulite. La vera storia” (Chiarelettere), intervistato da Claudia Campese. direttrice di MeridioNews, ha raccontato che «all’inizio scrivere sui giornali di Mani Pulite era molto difficile. In un primo momento i politici erano dipinti come i cattivi e gli imprenditori come quelli che pagavano il pizzo. La verità però era diversa, pagare conveniva a tutti. Allargare lo stadio di San Siro, per esempio, è costato tre volte rispetto ai lavori in quello di Barcellona. C’era una sproporzione di costi che alla fine hanno pagato i cittadini. Si trattava di un vero e proprio sistema che riguardava ogni appalto e ogni partito. Sapevamo che la corruzione fosse diffusa ma non a quel livello. Prendevano soldi da ogni appalto per finanziarsi le campagne elettorali e non solo. Antonio Di Pietro veniva bersagliato e finì sott’inchiesta».

Claudia Campese e Peter Gomez, foto Antonio Arcoria e Alessia Tabita

Per Caterina Bonvicini, autrice di “Mediterraneo. A bordo delle navi umanitarie” (Einaudi), affiancata da Viviana Di Bartolo, soccorritrice in mare e una delle protagoniste del saggio, «del Mediterraneo se ne parla o solo in modo politico o in termini giornalistici. Il fenomeno del Mediterraneo si capisce soltanto quando si è a bordo di queste navi. Le persone che sono messe a bordo dei gommoni non sanno guidarli. Ci sono tanti modi per morire, alcuni terribili.  Non sappiamo immaginare quanto sia terribile questo viaggio. Noi lo vediamo dai loro corpi. Mi ricordo di questi bambini che avevano delle ustioni in faccia, come degli schizzi. Non abbiamo idea dell’esperienza fisica che fanno». L’incontro è stato moderato da Francesco Creazzo.

Grande accoglienza anche per la coppia di filosofi ed editori, Maura Gancitano e Andrea Colamedici, autori del saggio “L’alba dei nuovi dei” (da Platone ai Big data)” (Mondadori), intervistati da Lorena Spampinato. «Siamo figli di una promessa, quella della sicurezza. È chiaro che il modello di vita attuale non è sostenibile; ci sono dei piccoli cambiamenti, ma mai sostanziali. La filosofia nasce da un trauma, da un senso di smarrimento».

Maura Gancitano e Andea Colamedici

La giornata di venerdì 6 maggio

Pubblico numerosissimo e attento per la prima giornata festivaliera di venerdì 6 maggio a cominciare dall’evento dedicato al saggio di Marco Bova “Matteo Messina Denaro, latitante di Stato” (Chiarelettere), moderato da Matteo Iannitti con la partecipazione del magistrato Sebastiano Ardita. Lo Stato italiano non riesce a catturare il boss Matteo Messina Denaro. Potrebbe trattarsi di auto sabotaggio, di volontà politica? «Non possiamo affrontare questo tema con la semplificazione – ha spiegato l’autore -. Tentiamo di rispondere alla domanda entrando nella complessità. Non possiamo credere che uno Stato non cerchi l’ultimo latitante di Cosa Nostra con tutte le sue forze, formalmente mette il massimo impegno nella comprensione e nel raggiungimento della latitanza di Matteo Messina Denaro. Dall’altra parte, abbiamo scoperto che c’è lo Stato malandrino, uno stato parallelo che oggi sta emergendo in tutte le sue forme grazie al lavoro di Procure di altre regioni».

Il professore Matteo Saudino, curatore del canale YouTube di successo BarbaSophia, intervistato da Federica Alba di Raimondo, ha presentato “Ribellarsi con filosofia” (Vallardi). Saudino ha ispirato il pubblico citando Pascal e Leopardi, Kant e gli eroi della Disney ma chiarisce cosa vuol dire oggi pensare con la propria testa: «Siamo le scelte che facciamo. Ma non siamo solo questo. Perché davanti a scene di guerre, davanti alla pandemia, ci rendiamo conto che ci sono cose per cui non possiamo scegliere. Ci sono decisioni che vengono prese dai pochi, per i molti. Kant ci ricorda la comodità di vivere con i tutor, ovvero gli accompagnatori, i supporti che ci permettono di vivere liberamente e spiccare il volo, ma ci sono poi uomini che si accontentano di vivere sorretti da altri, senza scegliere ed utilizzare la propria libertà, la propria voce. Adesso si ha un’ illusione di anticonformismo».

Intenso e in qualche misura spirituale l’abbraccio dei lettori per Gianluca Gotto autore del romanzo “La Pura Vida” edito da Mondadori. L’autore ha dialogato con Diana Anastasi a partire dal suo protagonista, Alessio, dall’incontro che questi ha con Elena e al quale segue una forte esigenza di cambiamento di vita. Teatro del racconto di Gotto, la Costa Rica. I fondamenti della Pura Vida sono: fiducia, passione, lentezza, rispetto per la natura, semplicità e spontaneità. «La chiave della Pura Vida è la consapevolezza di tutto ciò che succede non solo all’infuori di noi, ma soprattutto dentro di noi. Ognuno ha una vita e un percorso diverso dall’altro, ma bisogna cercare qualcosa che sia applicabile a chiunque. Va bene lavorare sul contesto, ma basare tutta la nostra felicità solo su fattori esterni significa metterla nelle mani degli altri e soprattutto nelle mani del caso».

Gianluca Gotto

Il filo che lega i volutamente normali ma appassionanti personaggi del nuovo romanzo di Elvira Seminara “Diavoli di Sabbia” (Einaudi) è il dialogo. Intervistata da Erica Donzella, la scrittrice catanese ha spiegato di aver lavorato su una macchina narrativa che ha escluso la voce narrante, un esperimento in effetti mai tentato: «I personaggi si presentano direttamente al lettore tramite le loro conversazioni. Ognuno passa fa un dialogo all’altro con una sorta di staffetta. E nel racconto successivo ciascuno cambia ruolo, il  padre diventa fratello, il fratello diventa amico ecc, e questo attiene alla molteplicità della nostra identità. Le nostre dimensioni variano a seconda del ruolo che in quel momento rivestiamo. La relazione di ognuno di noi è relazione non solo con gli altri ma anche con se stessi».

Elvira Seminara

Toni informali ma molto partecipati per l’incontro con la blogger romana Isabella Premutico, autrice del divertente “Merdoscopo” (Mondadori). Tra carte astrali e segni zodiacali, l’autrice intervistata da Giulia Costanzo ha spiegato che occuparsi di stelle sia «sicuramente un modo per comunicare con l’altro».



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