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Le radici profonde dell’ulivo di Piero Sammataro

Teatro e opera Con la produzione dell'Associazione Città Teatro, e la regia di Saro Minardi, va in scena il 14, il 21 e il 22 novembre al Piccolo Teatro di Catania Alla fine del tempo dell'ulivo, rivistazione mediterranea del "Giardino dei ciliegi" di Cechov, ultimo lavoro dell'attore e regista scmparso due anni fa

Che per il teatro di Anton Cechov possa essere necessario se non addirittura urgente pensare ad uno stato d’animo siciliano – vicino al russo nel modo di esprimere gioia e dolore – fu intuizione catturante e corposa di Giorgio Strehler.

E questo sentire fu condiviso all’istante e su campo da Piero Sammataro, attore e regista che con Strehler percorse un significativo tratto di strada dei suoi magnifici, prolifici cinquant’anni di teatro . Egli stesso era stato, tra le altre cose, l’intenso, intrigante Trofimov a fianco di Valentina Cortese e Gianni Santuccio nella versione epocale del Giardino dei ciliegi che Strehler consegnava alla storia nel 1974. Da tutto questo è segnato Alla fine del tempo dell’ulivo, la pièce che Piero Sammataro scrisse sulle tracce del Giardino ma in realtà prendeva le mosse innanzi tutto da una sua produzione nata assai prima, Il racconto dell’ulivo – ambientandolo nella Sicilia del primo dopoguerra. E proprio di Alla fine del tempo dell’ulivo Sammataro aveva avviato le prove in una sala del Teatro Brancati, quando la morte lo colse improvvisamente il 21 novembre di due anni fa.

Piero Sammataro

Piero Sammataro

Lo spettacolo vede oggi la luce grazie all’Associazione Città Teatro di Orazio Torrisi con la collaborazione di Gianni Salvo sicché “Alla fine del tempo dell’ulivo” va in scena sabato 14 novembre alle ore 21 e ancora sabato 21 alla stessa ora e domenica 22 novembre alle ore 17.30 su progetto scenico e regìa di Saro Minardi.

«Come nel Giardino di Cechov, anche in Alla fine del tempo dell’ulivo il tema (o uno dei temi) è il cambiamento e la trasformazione sociale ma, questa volta, la vicenda è immersa in uno scenario mediterraneo a noi molto familiare: la Sicilia – spiega Saro Minardi -. La Sicilia intesa non come isola ai piedi dell’Europa ma come piccolo continente intriso di colori e umori che derivano dalle proprie molteplici culture dominanti. E’ il momento in cui le classi sociali aristocratiche perdono il loro dominio economico e culturale a vantaggio della nuova, ricca borghesia rurale. Il lassismo e la pigrizia degli uni contrapposti alla sfrenata ambizione e al pragmatismo degli altri».

Interpreti di Alla fine del tempo dell’ulivo sono: Maria Grazia Cavallaro (Spera), Saro Pizzuto (Federico), Giuseppe Balsamo (Gregorio), Silvia Corsaro Boccadifuoco (Ania), Carmela Silvia Sanfilippo (Viola), Amelia Martelli (Severina), Gabriele Arena (Sasà), Enrico Manna (Nato), Nanni Battista (Biffarella), Daniele Sapio (Vanni), Aldo Toscano (Cosimo), Giovanni Calabretta (Viandante).

Costumi di Rosy Bellomia. Luci e fonica di Simone Raimondo, immagini digitali e proiezioni a cura di Farolight. La canzone ‘A colonia di la genti dispirata di Piero Sammataro ha le musiche di Giovanni Ferrauto ed è cantata da Carmelita Celi.

Ancora Minardi: «E’ un testo ricco di spunti che il nostro “Maestro” ci ha lasciato come piccola eredità teatrale su cui poter lavorare per sviluppare dinamiche da palcoscenico che rifiutano l’ovvio e qualsiasi tipo di cliché precostituito. Il linguaggio, un siciliano universale senza ammiccamenti folkloristici, appare frammentato nella sua esposizione ma, in realtà, scatena miriadi di significati possibili nei rapporti fra i personaggi. Il trionfo del non detto a discapito della parola data. Un esercizio di grande tecnica drammaturgica che ha bisogno, alla base, di un’assoluta verità per poter divenire fatto teatrale concreto.Tutto materiale su cui noi, allievi, amici, compagni di lavoro del “Maestro” ci siamo buttati con amore e devota ammirazione per poter onorare al meglio l’eredità da lui donataci: un’immensa sapienza artistica sostenuta da un gusto e da una delicatezza ormai rara nel nostro contesto odierno povero e decadente. Da tutto il gruppo dell’”Ulivo”: grazie Maestro!».

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