HomeVisioni

Stramba lettera d’amore per “La stranezza” di Roberto Andò

Visioni L'ultimo film del regista palermitano - protagonisti Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone - è una malia, un pensiero fisso. Proprio ‘na stranizza, che fa restare imbambolati di fronte alla magia di una pellicola per cui ogni definizione sarebbe uno stridente eufemismo. Questa non è una recensione: imperdonabile sarebbe l’analisi appassionata, quasi peccaminose le esclamazioni da sindrome stendhaliana

Un’epifania di centotré minuti. Un inchino alla fantasia. Un omaggio col cappello in mano alla genialità. Un peana dedicato al teatro. Una malia, un’inquietudine. Un pensiero fisso. Proprio ‘na stranizza, che per  centotrè minuti fa restare imbambolati di fronte alla magia di un film per cui ogni definizione sarebbe uno stridente eufemismo. Il film è “La stranezza” di Roberto Andò e questa (Avvertenza, ndr)  non è una recensione. Imperdonabili sarebbero l’analisi appassionata, la sfilza di aggettivi a venire e le immagini sviscerate dal cuore (perciò alcune si fissano al dialetto, senza traduzione). Quasi peccaminose poi le esclamazioni da sindrome stendhaliana. Questa è una stramba lettera d’amore per Roberto Andò e per il suo film

Servillo, Picone e Ficarra in “La stranezza” di Andò, foto Pasqualino

Meraviglioso! Meraviglioso è il genio creativo di Andò che ha intessuto in punta di fantasia l’ultima pagina di critica letteraria sull’arte di Luigi Pirandello, sul passaggio dal teatro naturalista al teatro pirandelliano (si sa che l’aggettivo in questo caso è canone), sull’osmosi realtà barra finzione, sul podio che la letteratura siciliana merita nel secolo che va da Giovanni Verga a Leonardo Sciascia (ci sono tutti e tre, perché Sciascia è per Andò una sorta di movente) e sul processo di generazione e rigenerazione del linguaggio teatrale in cinematografico, senza il rischio di restare muti e con la manovella della cinepresa in mano, come capitò a Serafino Gubbio. Non è un caso che manchi solo lui in questa straordinaria pupazzata.

Straordinaria! Qui la cinepresa gira, inseguendo le parole di una delle più colte sceneggiature mai scritte. A emendare il naso storto che Pirandello faceva quando si parlava di cinema. Chissà cosa avrebbe scritto a Marta Abba del film di Andò, chissà se avrebbe tratto fuori dall’angolo della cinemelografia questo film parlante, in cui le facce dei personaggi sono quanto di più espressionistico Andò poteva donargli. Facce catturate in primi piani che si portano addosso tutta la Sicilia della povera gente sospesa tra la fame, il malaffare, la purezza e il sogno. Ci sono buttane generose (bel ritorno il cameo di Tiziana Lodato) e mogli cornute, zitelle puntute e amanti invincibili (bravissima Giulia Andò), burocrati di paese (Rosario Lisma è Mimmo Casà, l’impiegato delle concessioni cimiteriali) e lo scemo del paese: tutti attori, spettatori e personaggi di un mondo in bilico tra la realtà e la finzione.

Roberto Andò durante le riprese del film, foto Lia Pasqualino

Magnifica! Una magnifica foto di gruppo verghiano con il suo afrore di terra e sudore che Pirandello, prima che Sciascia la lasciasse dentro le zolfare, trascinerà sopra un teatrino di marionette, proprio quando rischierebbe di morire per esaurimento di rappresentazione. Il film è una ragnatela di metaletteratura, metateatro e metacinema che nemmeno Pirandello potè immaginare così fitta. Un attraversamento innamorato (innamorato!) dell’universo pirandelliano e delle sue opere che diventano dialoghi e immagini. Entusiasmante! Entusiasmante per lo spettatore inseguire le citazioni delle novelle pirandelliane diventate sceneggiatura (Andò la firma assieme a Ugo Chiti e Massimo Gaudioso) da “Il treno ha fischiato” a “La balia” o “Colloquii con i personaggi” (fondamentale per capire la genesi del personaggio pirandelliano) fino alla meno nota “La casa del Granella” da cui prende corpo la seduta spiritica dei commedianti di paese; e intanto su qualche novella s’incappa per caso come nel manifesto di “La giara”. Tanto da perdersi nella vertigine di quella scrittura che come dice lo stesso Verga (nel film Renato Carpinteri) è la bomba messa sotto il teatro tradizionale.

Ma qual è il teatro tradizionale? Quello verghiano o quello strampalato di Onofrio Principato  e Sebastiano Vella, i due casciamurtari con il pallino del teatro? Non è sontuosa (sontuosa!) intuizione quella di Andò di mettere due becchini, due antiepici traghettatori di cadaveri, a raccontare l’impossibilità di un teatro che non sia quella cerebrale ricerca di autenticità di “Sei Personaggi in cerca d’autore”? 

Valentino Picone e Salvo Ficarra, foto di Lia Pasqualino

Non è ancora più brillante scegliere Salvo Ficarra e Valentino Picone per interpretare i due becchini – un guitto e un poeta frustrato: inutile dire chi è il guitto e chi il poeta – che tentano di mettere in scena nel teatro di paese La trincea del rimorso, ovvero Cicciareddu e Pietruzzu con una scalcagnata e improvvisata compagnia, una festa di paese più che un dramma? Infine, quanta intelligenza c’è nell’offrire a Toni Servillo la maschera di Pirandello? Ed è qui, nella triade dei protagonisti che si può gridare al capolavoro. 

La messinscena della commedia di Nofrio e Bastiano, foto Pasqualino

Ficarra e Picone sono due giganti. Lo sapevamo, ma la prova d’attore in questo film è davvero eccezionale.  Potevano restare uguali a se stessi, essere macchietta, ripetere un clichè. No! Ficarra e Picone qui sono essi stessi la materia comica che il teatro crea, sono la farsa presa alle radici, la carne che Pirandello estrarrà dalla vita per consegnarla alla finzione. Con il felice sospetto che Sebastiano Ficarra e Onofrio Picone siano il personaggio-uomo del teatro pirandelliano: allo scrittore sarebbe piaciuto questo mascheramento onomastico. Avrebbe fatto davanti alla sanguigna genuinità dei due (i personaggi o gli attori?) la stessa espressione muta del suo Pirandello.

Valtino Picone è Onofrio mentre Salvo Ficarra è Bastiano, foto Pasqualino

Che per Andò “La stranezza” fosse più di un film è chiaro dagli attori che ha convocato. Su tutti Toni Servillo. Il suo attore. Servillo qui, rispetto agli altri film per Andò, subisce una sorta di smaterializzazione della voce (poche battute, grandi silenzi) a favore del corpo o meglio della faccia. Servillo è sublime (sublime!) con il suo Pirandello recitato con la prossemica curiosa, ammaliata, ironica del viso. Un Pirandello più rivolto verso se stesso non si poteva. Ed è stampa di faccia anche il dolore prigione della pazzia della moglie (Donatella Finocchiaro nuda e di spalle è una tela più che una sequenza), lo smarrimento di fronte allo svelamento della stranezza fattogli dalla balia (Aurora Quattrocchi: chi si accontentava di vederla solo distesa nel letto di morte?), la delusione per i buu alla prima dei “Sei personaggi in cerca d’autore” al Teatro Valle. Servillo si cala perfettamente nell’enigma Pirandello. 

Servillo è Pirandello, foto Pasqualino

“La stranezza” è il racconto su come agisce la creatività, su quali sono i meccanismi di cui si serve, su come essa trasformi l’intuizione in invenzione. Per Pirandello creare significava strappare il cielo di carta e tirare giù la quarta parete. Andò si mette dentro il processo creativo di Pirandello e fa del cinema la quarta parete. Una mediazione di linguaggi (non solo dunque la tragicommedia pirandelliana) che si svela nella messinscena dei “Sei personaggi”. Andò chiama Luigi Lo Cascio. Ed è nella capacità di Lo Cascio di ingoiare e metabolizzare cinema e teatro che avviene la sintesi. Lo Cascio sta nel film pochi minuti ma è lui stesso felice didascalia della lezione di Andò, grazie a inquadrature prospettiche e innaturali per il teatro ma possibili solo per il cinema: il capocomico e l’attore, la finzione e la verità, doppia maschera e doppio volto.

Il cast de “La stranezza” che recita nel film “Sei personaggi”, foto Pasqualino

C’è molto ancora nel film di Andò: una cornucopia piena di spunti, riflessioni, immagini, risate e malinconie. Ci sono le scene in cui la realtà irrompe nei teatri: la prima dello spettacolo di Onofrio e Sebastiano si trasforma in una rissa di specchiamenti, nella prima dei “Sei personaggi” il pubblico rialza la quarta parete e chiede di capire. Mentre resta solitario ma felice il trapasso di Ficarra a cui il dramma piaciu anche se non ci ha caputu nenti. C’è un cast fantastico: tra i non citati su tutti Galatea Ranzi, Filippo Luna, Fausto Rossi Alesi. Forse per questo “La stranezza” non è un film da raccontare ma solo da vedere. Quando scorrono i titoli di coda, viene voglia di chiedere ad Andò di riavvolgere la pellicola e mettere nel teatro vuoto anche gli spettatori (oggi sono circa 300 mila: si dovranno stringere) insieme a Ficarra e Picone. Loro due hanno finito il compito: allora, potrebbero essere gli spettatori a illuminare il palcoscenico per Pirandello e lo schermo per Andò. 

Ma siccome il desiderio è difficile da realizzare, questa lettera ne vuole esprimere un altro. Poter vedere pubblicata la sceneggiatura di “La stranezza”, poterla leggere e sistemarla nella libreria di casa tra “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” e “Il gioco delle parti”. Chissà…

La scheda del film

L’invito di Robertò Andò al corpo docente per organizzare proiezioni scolastiche del film



Condividi su

Commenti

WORDPRESS: 0

SicilyMag è un web magazine che nel suo sottotestata “tutto quanto fa Sicilia” racchiude la sua mission: racconta quell’Isola che nella sua capacità di “fare”, realizzare qualcosa, ha il suo biglietto da visita. SicilyMag ha nell’approfondimento un suo punto di forza, fonde la velocità del quotidiano e la voglia di conoscenza del magazine che, seppur in versione digitale, vuole farsi leggere e non solo consultare.

Per fare questo, per permettere un giornalismo indipendente, un’informazione di qualità che vada oltre l’informazione usa e getta, è necessario un lavoro difficile e il contributo di tanti professionisti. E il lavoro in quanto tale non è mai gratis. Quindi se ci leggi, se ti piace SicilyMag, diventa un sostenitore abbonandoti o effettuando una donazione con il pulsante qui di seguito. SicilyMag, tutto quanto fa la Sicilia… migliore.