Musica E’ tornato ad esibirsi nella sua Catania, il venticinquenne pianista Nicolò Cafaro, il quale al Teatro Massimo Bellini, ha conquistato, accanto alla direttrice d’orchestra Gianna Fratta, una vastissima platea. Sul palco l’orchestra del Bellini, impegnata nel Concerto sinfonico alla memoria del musicologo Piero Rattalino, commemorato dal critico Carmelita Celi. Accattivante il binomio Chopin-Beethoven che ha percorso la serata
E’ tornato ad esibirsi nella sua Catania, il venticinquenne pianista Nicolò Cafaro, il quale, venerdì 23 e sabato 24 maggio, ha calcato i legni del Teatro Massimo Vincenzo Bellini, conquistando, accanto alla direttrice d’orchestra Gianna Fratta, una vastissima platea (le due serate sono andate esaurite). Sul palco l’orchestra del Bellini, impegnata con gli artisti suddetti nel Concerto sinfonico alla memoria del musicologo Piero Rattalino (scomparso nell’aprile del 2023), che è stato commemorato dal critico teatrale Carmelita Celi, in apertura del secondo tempo. Accattivante il binomio Chopin-Beethoven che ha percorso la serata, rispettivamente col Concerto n.1 in mi minore per pianoforte e orchestra, op.11 del musicista di Varsavia, e la Sinfonia n.5 in do minore op.67, del maestro di Bonn.

Gianna Fratta dirige l’orchestra del Teatro Massimo Bellini, solista al pianoforte Nicolò Cafaro, foto Giacomo Orlando
Composto tra il 1829 e il 1830, il concerto chopiniano è stato affrontato dal 25enne pianista etneo con eleganza melodica e acume espressivo, sin dall’Allegro maestoso, tra gli accenti imperiosi del primo tema e la dolce cantabilità del secondo, già ben delineati dalla solida compagine orchestrale guidata dalla accurata bacchetta di Gianna Fratta.
Formatosi al Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Catania sotto la guida di Graziella Concas, e attualmente sotto il perfezionamento di Leonid Margarius all’Accademia pianistica internazionale di Imola, in stretto sodalizio col pianoforte sin dalla giovanissima età (a 15 anni è stato finalista, primo tra gli italiani, al 1° “Krajney International Piano Competition” di Mosca; tre anni fa, ha vinto primo premio e nove borse di studio alla 38a edizione del Concorso pianistico “Premio Venezia”), Nicolò Cafaro ha dipanato una tecnica poderosa, giostrando con finezza le sue chances interpretative nei dosaggi dinamici, fra tocchi sognanti nella Romanza-Larghetto e le accensioni ritmiche della danza popolare (Krakowiac, che caratterizza la regione di Cracovia) nel Rondò-vivace del terzo tempo. L’orchestra dal canto suo ha ben contemperato le atmosfere malinconiche e briose tra il punteggiare suggestivo dei fiati e il fluire degli archi. Al termine del primo tempo la platea ha tributato lunghi e scroscianti applausi al talentuoso pianista, che ha elargito ben tre bis: Jazz Etude op.40 n. 7 di Kapustin, Mazurka op. 67 n. 2 di Chopin, e Soirèe de Vienne di Strauss-Grunfeld.
Guarda la galleria delle immagini, foto Giacomo Orlando
Alla fine dell’intervallo, la voce di Carmelita Celi nel ricordo del musicologo Rattalino, ne ha sottolineato il connubio tra accademia – ovvero scienza pianistica e critica teatrale – e autoironia, che alleggeriva la prima, sullo stile di Italo Calvino. E ha citato alcune delle sue numerose biografie di pianisti eccellenti, a ciascuno dei quali il maestro conferiva un aggettivo: Svjatoslav Richter il visionario, Vladimir Horowitz il mattatore e Arturo Benedetti Michelangeli l’asceta. Al musicologo ha dedicato un omaggio, nel libretto di sala, anche il critico Giuseppe Montemagno, evidenziandone le qualità di “brillante didatta e saggista”, suo il saggio “Storia del pianoforte”, e la direzione artistica del Teatro Massimo Bellini dal 1994 al 2006. Oltre alle sue lezioni-concerto e “il parlar del cuore” per conquistare l’uditorio.
Nel secondo tempo del concerto la perentoria e capillare bacchetta di Gianna Fratta ha condotto l’energica orchestra del Bellini ad una esecuzione autorevole della Quinta sinfonia di Beethoven, che a fine serata è stata accolta dal plauso reiterato e festoso dell’uditorio: dalle quattro note in incipit si sprigionava la forza di quel celeberrimo tema del “destino che bussa alla porta” come lo stesso musicista lo definì in un suo dialogo con l’amico e suo primo biografo Anton Schindler. E tale cellula si è poi distinta lungo i quattro movimenti, pervasi da quella tenacia costruttiva che non ha mai lasciato il maestro di Bonn. Un’energia pregna di travagli interiori, riflessi tra atmosfere meditative del secondo tempo e crescendo luminosi dell’Allegro-Presto, che sono sfociati nel grandioso finale della partitura.

Gianna Fratta e Nicolò Cafaro durante i saluti finali, foto Giacomo Orlando
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