Recensioni "Iliade”, che ha chiuso la 60a stagione classica dell'Inda al Teatro greco di Siracusa, ha deluso le aspettative. Giuliano Peparini questa volta non ha osato e ha scelto la comfort zone (ma è la sua?) della “classicità” di una messa in scena teatrale, dove la parola – caratteristica della stagione 2025 – ha dominato sul corpo. Ma non basta avere due grandi attori – Vinicio Marchioni, l'Aedo, e Giuseppe Sartori, Achille - per fare uno spettacolo teatrale completo
Giuseppe Sartori è Achille, foto Michele Pantano
Punto n. 1: non basta un’ovazione del pubblico per fare un grande spettacolo.
Punto n. 2: non basta un teatro pieno, anzi strapieno, per tre sere di fila (dal 4 al 6 luglio) per fare uno spettacolo degno di nota.
Punto n. 3: non basta un’idea ammaliante – quella di accostare la guerra ad un carcere dove l’unica cosa che sai fare è cercare di sopravvivere uccidendo il tuo nemico – per fare un spettacolo di cui ci ricorderemo.
Punto n. 4: non basta avere due grandi attori – Vinicio Marchioni nei panni dell’Aedo e Giuseppe Sartori in quello di Achille – per fare di “Iliade” uno spettacolo teatrale completo.
Punto n. 5: non basta un illuminato protagonista dello spazio scenico come Giuliano Peparini per fare del Teatro Greco di Siracusa il palcoscenico globale del classic show contemporaneo.
Punto n. 6: non basta la memoria felice dell’ottimo kolossal teatral-musicale “Ulisse, l’ultima Odissea” di due anni fa – che fece conoscere Peparini al pubblico delle rappresentazioni classiche siracusane dell’Inda, e soprattutto fece capire che oltre le tragedie e la commedia c’è di più – a creare un circolo virtuoso di nuova classicità teatrale.
“Iliade”, ultima rappresentazione scenica della 60a stagione classica di Siracusa, ha deluso le aspettative. Peparini questa volta non ha saputo osare e ha scelto una comfort zone (ma è la sua?), quella della “classicità” di una messa in scena teatrale, la quarta di quest’anno, dove la parola – caratteristica di tutta la stagione 2025 delle rappresentazioni classiche dell’Istituto nazionale del dramma antico al Teatro Greco di Siracusa – ha dominato sul corpo. La danza, seppur molto presente per ovvietà di cose visto che l’artista romano di lavoro fa soprattutto il coreografo, è una prima inter pares che a differenza dell’Odissea di due anni fa non riesce a condensare trama, messaggio e azione. E’ tutto un gioco sui rapporti di forza quello che mettono in scena i pur bravi performer che vedono insieme gli allievi della Peparini Academy e dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico. Manca la dimensione del musical, tutto è molto urlato, le disfide fra Achei e Troiani, rappresentati come carcerati sub-urbani di un penitenziario di massima sicurezza, non hanno certo la poesia di un “West Side Story”, ma hanno solo la pretesa di catturare l’attenzione del pubblico in uno squid game della classicità, un gioco a somma zero dove chi perde tutto perde, vita compresa. Il pubblico apprezza, ma l’epica omerica degli eroi annaspa in cerca di liricità.
«Per me l’Iliade è un luogo in cui fragilità e violenza si incarnano – è il pensiero di Peparini -. Trasponendo l’azione in un universo carcerario, Achille, Ettore e gli altri non sono più eroi che combattono sotto le mura di Troia, ma uomini reclusi in un carcere di massima sicurezza, come quelli che esistono oggi in molte delle nostre società. Anche gli dèi non abitano più l’Olimpo: diventano guardiani e sorveglianti, figure mute di un sistema che istituzionalizza la violenza e manipola i destini con glaciale freddezza. In questa messa in scena, la guerra si consuma all’interno dei corpi e delle menti. Una guerra senza via d’uscita. Nell’Iliade, la guerra è guidata da concetti di onore, vendetta e rispetto tra guerrieri. In carcere, regole non scritte e codici d’onore determinano rapporti di potere, rispetto e ritorsioni, proprio come accade tra Achille, Agamennone, Ettore e gli altri personaggi epici. Leadership e gerarchie rigide. Nei campi greco e troiano ci sono capi (Agamennone, Priamo, Achille, Ettore) che comandano e fanno rispettare le proprie regole. All’interno del carcere, tra i detenuti, vi sono leader che dettano legge all’interno delle loro fazioni. Furia e distruzione».
Nobilissimi pensieri ma fra il dire e il fare purtroppo non c’è di mezzo un valido piano di regia. Meno male che la parola assemblata dal traduttore Francesco Morosi diventa drammaturgia portante e supplisce dove la macchina teatrale arranca e genera noia. Vinicio Marchioni, al suo debutto siracusano, forse sente il peso della sfida con il teatro greco più importante d’Italia, carico di 5 mila spettatori che vogliono lo spettacolone, l’evento cult da non perdere mai e poi mai. Il suo Aedo zoppo sorretto dal bastone – un po’ un Tiresia vedente che annuncia le sventure altrui, un po’ un Edipo vecchio conscio di destini ineluttabili – è monocorde nel suo racconto drammaticamente agitato.

Vinicio Marchioni è l’Aedo, foto Michele Pantano
Ettore (Gianluca Merolli) più che un cavaliere senza macchia che deve difendere la sua città Troia ed il suo popolo, è un agitatissimo capo tribù che ignora i “piagnistei” dell’unica donna in scena, la moglie Andromaca (Giulia Fiume) che nulla può per farlo desistere dai suoi piani bellicosi. Anche il piccolo Astianatte (Dante Scuriatti) è visto solo come degno erede dell’uomo guerriero.

Gianluca Merolli (Ettore) e Giulia Fiume (Andromaca), foto Michele Pantano
Meno male che ci pensa l’ottimo Beppe Vessicchio a infondere una dose di emotività allo spettacolo con un’accativante colonna sonora. Il compositore e direttore d’orchestra napoletano commenta come «Omero “cantore errante” ha ispirato la nostra scelta di agganciarci al mondo della “forma canzone” che, in singolari occasioni, anche con poche note o una sola frase è capace di evocare, con encomiabile sintesi emotiva, complesse realtà della vita che viviamo. Ecco che alcune “cifre” rese memorabili dai Pink Floyd piuttosto che dai Led Zeppelin, da Woodkid ma anche da Haendel e Monteverdi vanno a fondersi con le composizioni espressamente create per questa messa in scena del poema epico più popolare che il mondo della letteratura possa vantare».
Efficace la scenografia di Lorenzo Russo Rainaldi autore della prigione protagonista della scena del Temenite che «ha avuto dunque origine da ispirazioni ampiamente riconoscibili: le cell house statunitensi di Alcatraz, in California, e Sing Sing, a New York”. Gli elementi tipici delle architetture carcerarie sono stati combinati in una massiccia architettura lineare sviluppata su tre livelli, una barriera metallica che fa eco alle alte e invalicabili mura di Troia».

Vinicio Marchioni, l’Aedo, fra greci (in blu) e troiani (in rosso), foto Michele Pantano
E meno male che Sartori c’è. Siracusa ormai lo ama forse più del suo sindaco – il buon Francesco Italia ha passato la serata facendo da padrone di casa con l’attrice americana Whoopy Goldberg, ormai ospite fissa in Sicilia da settimane -, le sue due rappresentazioni di Edipo (2022 e 2025) con la regia di Robert Carsen, per non parlare dell’Orestea di Davide Livermore, lo hanno consacrato come siracusano ad honorem.

Whoopy Goldberg al Teatro greco di Siracusa, prima dell’inizio de l’Iliade di Giuliano Peparini, foto Franca Centaro
E Sartori sa come si affrontano i personaggi, in voce e movimento. Scevro finalmente del barbone di Edipo, da poco concluso, Sartori/Achille, nei pochi quadri concessi, eleva il tono della messinscena.

Giuseppe Sartori (Achille), foto Michele Pantano
La sua ira di Achille, seppur confinata in una cella singola degna di Hannibal Lecter, scolpisce il destino dell’eroe folle di rabbia per lo “sgarro” del re Agamennone e dà pathos e sessualità al rapporto viscerale con Patroclo (Jacopo Sarotti) condito da un bacio omosex in piena regola.

Giuseppe Sartori (Achille) e Jacopo Sarotti (Patroclo), foto Michele Pantano
La fluidità è stata sempre presente nei lavori di Peparini e qui si manifesta nella trasposizione transex di Elena e nella presenza di detenuti Lgbtq+ tra le sbarre del carcere Troia.

La danza di Elena, foto Michele Pantano
Nel finale lo spettacolo prende finalmente le giuste coordinate, con la bellissima contrapposizione fra Ettore e Achille, una lenta danza di morte.

Lo scontro fra Ettore e Achille, foto Michele Pantano
Anche il confronto fra Priamo, un raccolto e ben calibrato Danilo Nigrelli, con Achille per avere la degna sepoltura del figlio Ettore è fra le cose meglio riuscite di questa “Iliade”.

Giuseppe Sartori (Achille) e Danilo Nigrelli (Priamo), foto Michele Pantano
Ha un sussulto legato alla piètas la scena del canto muto di dolore delle ancelle di Andromaca.

Scena delle ancelle con Giulia Fiume, foto Michele Pantano
Lo spettacolo si chiude con l’accostamento del cadavere di Ettore al corpo di Cristo, simbolo di una vittima suo malgrado di un mondo pervaso dalla violenza. E il sigillo finale sono le immagini delle guerre contemporanee, quella tra russi e ucraini e quella tra israeliani e palestinesi. Anche se in questo secondo omaggio mancano le vittime civili di Gaza e questo rende il tutto poco credibile.

La restituzione del corpo di Ettore, foto Michele Pantano
L'”Iliade” dell’Inda firmata da Giuliano Peparini, dopo Siracusa, sarà a Pompei dal 10 al 12 luglio e poi al Teatro romano di Verona l’11 ed il 12 settembre. Tutto il resto del cast: Elena Polic Greco la voce di Era, i performers Matteo Aprile, Gabriele Beddoni (Ermes), Jhonmirco Cruz (Ares), Simone Galante, Daniel Lovera Bautista (un prigioniero), Matthew Magadia, Tiwuany Lepetitgalland (Diomede), Andrea Raqa, Giuseppe Savino, Andrea Tenerini, Massimo Triarico, gli attori Gabriele Crisafulli (Agamennone), Davide Carella (Apollo), Andrea Bassoli, Sebastiano Caruso, William Caruso, Manuel Fichera, Elvio La Pira, Emilio Lumastro Roberto Marra, Sebastiano Tinè. I costumi sono di Valentina Davoli e Silvia Oliviero; Elena Polic Greco cura la direzione del coro, mentre Simonetta Cartia cura la direzione dei cori cantati; assistenti alla regia sono Bruno Centola e Francesco Saracino; le coreografie sono di Gabriele Beddoni, la coreografia della scena del combattimento è di Tiwuany Lepetitgaland; il disegno delle luci è di Francesco Angeloni, videomaker è Vincenzo Villani, il coordinatore artisti è Christophe Allemann, direttori di scena sono Dario Castro, Giuseppe Coniglio ed Eleonora Sabatini, assistente drammaturgica è Aurora Trovatello.

Una scena di battaglia, foto Michele Pantano
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