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Noto per una notte è il palcoscenico del belcanto italiano

Recensioni Applaudito galà lirico al Cortile dei Gesuiti per il Festival Notomusica con il tenore augustano Marcello Giordani e il soprano greco Dimitra Theodossiou che hanno spaziato nell'universo lirico dell'Ottocento italiano del quale hanno offerto momenti emblematici con stupefacente tenuta del suono

E’ divenuto un palcoscenico del belcanto italiano, l’affollato Cortile dei Gesuiti del 42° Festival Internazionale di Notomusica, con il galà lirico “La notte delle stelle” del 17 agosto, di grande richiamo per gli amatori e gli studiosi del genere classico, nell’articolato calendario 2017 avviatosi il 29 luglio sotto la direzione artistica di Corrado Galzio e Ugo Gennarini. Sotto i riflettori questa volta due artisti acclarati del teatro lirico non solo internazionale, quali il soprano greco Dimitra Theodossiou e il tenore siciliano Marcello Giordani (natìo di Augusta), l’esibizione dei quali è stata accompagnata al pianoforte da Rosario Cicero. Entrambi di autorevole presenza scenica, e abilissimi interpreti della temperie spirituale nell’universo lirico che ha caratterizzato l’Ottocento italiano, del quale hanno offerto momenti emblematici con stupefacente tenuta del suono.

Rosario Cicero e Dimitra Theodossiou, foto di Goffredo Greco

Rosario Cicero e Dimitra Theodossiou, foto di Goffredo Greco

Immersa nei differenti ruoli femminili di Gioconda, Leonora e Violetta Valery, Tosca, Santuzza, Dimitra Theodossiou ha dato prova di grande e pastosa emissione sopranile, con filati curatissimi e una capacità di scavo psicologico che le ha permesso di addentrarsi tra i rivoli drammatici, accorati e passionali di arie celeberrime, quali “Pace mio Dio” (da “La forza del destino” di Giuseppe Verdi, atto IV), “Vissi d’arte” (dall’opera “Tosca” di Giacomo Puccini, atto II), “Voi lo sapete o mamma” (da “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni), “Suicidio” (da “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli), pervenendo ad esiti di intensa espressività e simbiosi vocale col tenore Giordani: ora tra le righe amene e leggiadre di “Parigi, o cara” da “La Traviata” verdiana, ora nella mascagnana ” Ah lo vedi”, travolgente nel lasciare evincere il tormento di Santuzza e l’impeto di Turiddu, nella focosa performance di Marcello Giordani.

Rosario Cicero e Marcello Giordani, foto di Goffredo Greco

Rosario Cicero e Marcello Giordani, foto di Goffredo Greco

Quest’ultimo non ha mai lesinato una vocalità profonda e avvolgente, una dizione tersa e lucida, gli acuti svettanti e il saper calcare la scena da istrione, come nel ruolo tragicomico di “Vesti la giubba” (più nota come “Ridi, pagliaccio”, dall’opera “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, alla fine del primo atto), tra la risata beffarda di Canio e il suo amaro singhiozzo finale. Nelle pagine pucciniane abbiamo sentito i colori dell’anima, come nella splendida aria per soprano e pianoforte “Salve Regina” (bis della Theodossiou),e fra i toni stentorei di “E lucean le stelle”, “Nessun dorma”, dalle rispettive partiture di “Tosca” e “Turandot”.

Il pianista Rosario Cicero, alquanto esperto, ha ben assecondato le atmosfere rasserenanti e carezzevoli del secondo Ottocento, i ruoli estroversi o intimi, la dolcezza sopranile con i suoi toccanti accenti di preghiera, quanto gli slanci di scatto e il fremere compulsivo di Cavalleria rusticana, ricreando insieme ai protagonisti un ardente contesto di sicilianità, da pieno clima verista. E proprio in tale clima si è inserito fuori programma lo stornello “Fior di giaggiolo” del personaggio di Lola, nella disinvolta rilettura della promettente Noemi Muschetti, allieva di Giordani all’Accademia di canto di Augusta. Entrambi hanno poi eseguito due bis, rispettivamente “Je veux vivre” di Charles Gounod, da “Romeo e Giulietta”, e il graditissimo “E vui durmiti ancora” di Gaetano Emanuel Calì (su una poesia scritta da Giovanni Formisano nel 1910) che il tenore ha dedicato alla sua terra.

Duetto tra Theodossiou e Giordani, foto di Goffredo Greco

Duetto tra Theodossiou e Giordani, foto di Goffredo Greco

E a tale proposito, perché non inserire nella serata anche o almeno un solo omaggio al nostro Vincenzo Bellini? I due bravissimi artisti, che hanno conquistato l’entusiasmo e il vivissimo consenso dell’intera platea, avrebbero certamente arricchito la cernita operistica.

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